Sfumature molto morbide. Sovrastampe d’argento sui bordi dell’irreale. Suggerimenti per l’immaginazione. Un modo di catturare la luce. La fotografa Joséphine Vallé Franceschi ci offre un ipnotico viaggio italiano in sovrastampa.
Joséphine Vallé Franceschi utilizza le sovrastampe per creare immagini oniriche che permettono allo spettatore di fuggire nell’immaginazione. Con una macchina fotografica d’argento, scatta una prima fotografia, blocca l’inquadratura e ne scatta una seconda, a volte una terza, che vengono sovrapposte alla prima. Gli scatti sono effettuati in luoghi e tempi diversi. L’incontro di due immagini che si fondono, a volte dà un risultato felice, sempre scoperto dopo, allo sviluppo. Nulla viene ritoccato. Il caso è al centro del processo, rivelando la possibilità di connivenze, di accordi segreti. È anche una questione di reminiscenza. Queste immagini riportano alla mente momenti sospesi, vissuti accanto a persone care. La dolcezza figurativa che emana dal passato affascina lo sguardo ed evoca la nostalgia.
“Attraverso le mie fotografie, desidero evocare la nostalgia lasciata dai ricordi di viaggio. Grazie alle sovrastampe d’argento, creo sogni, proposte per l’immaginazione, storie che non sono congelate. Mi ispirano i paesaggi del periodo americano di Antonioni, gli abiti pastello di Les Demoiselles de Rochefort, il profumo di vaniglia della sabbia calda, la carnagione abbronzata di Cécile in Bonjour Tristesse, le piscine di Hockney, o anche il ricordo dell’estate successiva. Sono meno legato al potere del tempo e del luogo che a quello delle persone, che trasformano un momento in un incontro, il banale in magico, il comune in straordinario. Da questo incontro tra individui, luoghi e momenti, nascono immagini oniriche, selezionate dalla nostra memoria dal flusso dei ricordi. Lo scorrere del tempo costituisce, per ognuno di noi, un museo interiore che visitiamo con gioia, tristezza o con un misto dei due che chiamiamo nostalgia. I contorni diventano sfocati, i dettagli insignificanti; la realtà svanisce: restano le impressioni, da cui nascono i sogni. Questo è il mio lavoro”.
La storia del “segreto blu del signor Kaplan”
“Kaplan mi ha lasciato una caffettiera all’aeroporto di Capodichino”.
“Durante un viaggio dedicato alla realizzazione di una nuova serie fotografica a Napoli, soggiorno a Palazzo Spinelli di Laurino. Mi è stata raccontata la vita di un certo Kaplan, un personaggio fittizio che viveva lì. Divertito da questo viaggiatore sconosciuto, mi piaceva alimentare la sua presenza immaginaria, mentre lo incontravo e trascorrevo le mie giornate blu italiane.
A poco a poco, Kaplan arrivò a interferire nei miei film, colui che vedeva senza essere visto.
Mentre mi preparavo a partire per Parigi, passeggiavo per l’aeroporto di Napoli e passavo davanti a un negozio che vendeva graziose caffettiere Bialetti. Mi passa per la testa l’idea di portarne una con me, ma cambio idea e rimando l’acquisto italiano a più tardi.
Trovo posto nella sala partenze dell’aeroporto. Sono perplessa e stupita: ai miei piedi c’è una borsa Bialetti con una caffettiera e un cappello bordeaux. Interrogo i viaggiatori intorno a me. Questa borsa ovviamente non appartiene a nessuno.
È un regalo di Kaplan, questo è certo. La cerco. Non c’è nessuno.
Come il genio di Aladino, Kaplan è uscito dalla caffettiera italiana?
Questo lavoro fotografico è un ammiccamento a questo sconosciuto, che si è deliziosamente invitato nel mio lavoro.”
Joséphine Vallé Franceschi