UN’ODE ALL’ANTICA ROMA. UNO SPIRITO LIBERO E ISPIRATORE. INCONTRO CON IL MAESTRO DEGLI AFFRESCHI.
Non è un caso che il pittore italiano Roberto Ruspoli abbia firmato l’affresco del nuovo ristorante parigino Bambini al Palais de Tokyo. Roberto ama usare un accento italiano nei suoi progetti, avendo trascorso la sua infanzia a Roma.
Luce del sud, riferimenti antichi e classici: queste sono le note che compongono la partitura stilistica di Roberto. L’artista ha un senso del dettaglio e del materiale. Un incontro decisamente poetico con uno spirito libero nel suo studio di via Margutta.
Come una grande tela bianca, con le pareti imbiancate, questo spazio era la soffitta della sua casa d’infanzia. Uno studio dove si possono vedere le sue sculture in ceramica e alcuni schizzi dei suoi prossimi affreschi. Uno studio arioso e luminoso con una terrazza con vista su Villa Medici.
Il tuo stile in breve parole?
“Una reinterpretazione contemporanea del mondo classico. Mi ispiro principalmente al mondo classico: dai vasi antichi alla scultura greca agli affreschi romani.
Cosa pensi abbia influenzato e formato il tuo gusto?
“È una vita di esperienze! Le opere di Edvard Munch mi ispirano, ma il mio stile è molto diverso. I suoi quadri non hanno niente a che vedere con il mondo classico e idealizzato che rappresento. Ciò che mi attrae di Edvard Munch è la sua capacità di “sintesi” e il suo uso del colore, che trovo fenomenale. Mi piace molto anche il pittore americano Mark Rothko, anche lui non ha niente a che vedere con quello che faccio io, niente di figurativo, ma mi piace.
Cosa ti ispira?
“La luce dell’Italia, il mare della Grecia, e naturalmente la cultura classica italiana in cui sono cresciuto. È stato mentre studiavo latino e greco che ho cominciato a sognare le materie di cui sono innamorato oggi.
Qual è il tuo processo creativo per realizzare un affresco?
“Se lavoro per un architetto, ci sono diverse cose da considerare: lo spazio, gli oggetti che vi saranno collocati, la tavolozza dei colori. Credo che il segreto sia saper ascoltare lo spazio, capire cosa ci suggerisce, accettare di mettere da parte il nostro ego per un momento.
Nel mio processo creativo, ci sono due fasi: la fase di elaborazione e la fase di relazione con lo spazio.
Durante la fase di elaborazione, immagino il mondo del mio murale e i riferimenti che voglio includere. Poi entro in una fase di relazione fisica e istintiva con lo spazio, divento familiare con esso. È anche un vero momento di contemplazione. Una volta che ho padroneggiato lo spazio, inizio a lavorare e i miei gesti diventano gradualmente istintivi. Per esempio, per l’affresco al ristorante Bambini nel Palais de Tokyo, avevo la composizione generale molto chiaramente in mente, ma c’era anche molta improvvisazione. L’importante è essere in grado di dominare lo spazio, una volta che si ha questa fiducia, allora si può giocare, si può creare, è un po’ come un ginnasta che padroneggia perfettamente l’esercizio e poi può permettersi di fare variazioni.
Uno strumento/materiale preferito?
“Mi piace molto disegnare, quindi direi il carboncino. Mi piace anche lavorare sui muri perché mi sembra di trascendere l’oggetto. Mi dà un enorme senso di libertà. Mi piace lavorare su qualcosa che non è un oggetto e diventa una poesia in sé”.
La tua tavolozza di colori?
“Mi piace molto la tavolozza classica degli affreschi pompeiani e romani. Mi piacciono i colori della terra e i blu intensi. Amo la forza dei pigmenti negli affreschi di Pompei, e attualmente sto facendo una serie di dipinti ispirati a questi luoghi antichi.
Una musica preferita ?
“Non ho una musica preferita, ma la musica mi accompagna, mi abita. C’è un legame misterioso tra la musica e il mio processo creativo. Quando creo, sento un’armonia interiore, una sinfonia invisibile: certe linee creeranno un certo ritmo, per esempio. D’altra parte, non lavoro con la musica. Non voglio essere influenzato da un ritmo; le mie creazioni nascono spesso dal silenzio.
Il libro sul suo tavolino?
“L’arte de la gioia” di Goliarda Sapienza. Recentemente ho anche letto un po’ di George Orwell, penso che ci siano molti collegamenti con quello che sta succedendo oggi. Mi piacciono le persone visionarie, come Pier Paolo Pasolini che aveva già capito tutto, o Françoise Sagan quando parlava dei problemi climatici 40 anni fa. Mi piacciono tutte quelle persone che hanno la capacità di andare oltre il loro tempo, il loro ego, e che hanno una certa visione dell’umanità.
C’è una personalità che ammira?
“Ammiro Le Corbusier, ma anche Marcel Duchamp per la sua riflessione, anche se la gente all’epoca non capiva il senso della sua provocazione. Fu il primo a chiamarlo un carnevale dell’estetica”.
Il tuo indirizzo preferito a Roma?
“Via Margutta, la mia strada”.
Quali sono i tuoi progetti futuri ?
“Attualmente sto dipingendo degli affreschi per l’hotel La Palma di Capri e sto facendo una serie di dipinti per una prossima mostra”.
Un progetto da sogno?
“Sarebbe poter ricoprire le pareti di un’intera casa con i miei affreschi, farli miei, colorarli, immaginando un viaggio poetico, un po’ come la casa di Santo Sospir di Cocteau o come le case di Pompei”.
INFORMAZIONI PRATICHE
Crediti © 2021 testo – Caroline Duperray
LdG Arte e Patrimonio